Intervista: Alessandro Taverna entra in un «triangolo di compositori» (Il Giornale di Brescia)

Brahms, Schumann e anche la moglie Clara: «Dal mio repertorio fino alle sperimentazioni». In un programma articolato c’è spazio per «introspezioni, virtuosismo e passaggi tecnici intricati»

Brahms, Schumann e anche la moglie Clara saranno i tre autori scleti dal pianista Alessandro Taverna per il recital al Teatro Grande in programma oggi, venerdì 3 maggio, alle 21, nell’ambito del Festival Pianistico di Brescia e Bergamo. Il concerto sarà trasmesso in differita su Rai Radio 3. Biglietti in vendita su VivaTicket.it dai 9.80 euro ai 22.40 euro. Per informazioni il sito è www.festivalpianistico.it
Nato nel 1983, Taverna si è affermato a livello internazionale al Concorso di Leeds. Numerose e sempre applaudite le sue apparizioni a Brescia negli ultimi anni.
«Il programma che proporrò al Grande – spiega il concertista – è stato pensato per il Festival di quest’anno. Ho sempre avuto in repertorio musiche di Schumann e Brahms, mentre è nuovo l’interesse per Clara Wieck, moglie di Schumann. Della compositrice eseguirò due Scherzi che presentano temi piacevoli e una genuina vena espressiva: insomma, un ottimo apripista per questo triangolo di compositori.

Poi affronterà la «Humoreske» di Schumann: perché questa scelta?
Credo che sia uno dei capolavori più alti del compositore. E anche uno dei più misteriosi, perché è davvero difficile comprenderne il significato profondo. Da tempo medito su questo pezzo, ma finora non l’ho mai portato in concerto»

L’artista. Alessandro Taverna, classe 1983, si è affermato al Concorso di Leeds – © Giorgio Gori


Quali insidie presenta questa composizione?
In «Humoreske» Schumann sperimenta un arco formale più ampio rispetto alle miniature che compongono «Carnaval» o «Davidsbundlertänze». Si trascende la tecnica del quadretto. E anche le soluzioni tecniche adatte per rendere il pezzo non sono così facilmente decifrabili, come avviene per esempio in certe pagine di Liszt, anche quando si toccano i vertici supremi di virtuosismo. Il pensiero compositivo di Schumann è al tempo stesso polifonico e sinfonico: bisogna realizzare al pianoforte un vero legato, bisogna anche trovare un suono così vario che faccia pensare all’orchestra. Inoltre la poetica del compositore sfiora quasi la schizofrenia nel continuo passaggio tra gioia e dolore. Ma è una voce intima che, se magari non arriva alla totalità del pubblico, certamente parla in modo diretto al cuore degli ascoltatori più sensibili.

Con Brahms si cambia registro?
Diciamo che dall’introspezione di Schumann si passa a pagine apertamente fondate sul virtuosismo. Inizio con sei celebri «Danze ungheresi» di Brahms, ma proposte nella rara e difficile versione d’autore per pianoforte solo, perché di solito si esegue quella a quattro mani. Quindi concludo con i due formidabili quaderni della Variazioni su un tema di Paganini. Clara Schumann era la destinataria implicita di quest’opera, ma alla fine non l’ha mai eseguita perché riteneva le Variazioni troppo difficili. In effetti, è un lavoro che ancor oggi mette soggezione, ma al suo interno si trova tanta bellissima musica…

Prossimi progetti?
A fine mese debutterà a Copenhagen con il Secondo Concerto di Liszt diretto da Fabio Luisi, poi uscirà un disco di trascrizioni e parafrasi per l’etichetta inglese Somm Recordings.

Marco Bizzarini

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