Intervista: La mia prima volta sul palco del Quartetto (Corriere della Sera)

“Sarà per­ché sono appassio­nato di Formula Uno, ma quando affronto pagine cosi complesse mi sento un po’ come un pilota che assieme al suo team cerca di lavorare sul più piccolo dettaglio per migliorare la prestazione glo­bale: anche la scelta di suona­re una nota con l’anulare o il mignolo può influire in mo­do decisivo sulla rapidità e la chiarezza dell’esecuzione nonché sul timbro, sul colore che si riesce a creare». La pa­gina di cui sta parlando Ales­sandro Taverna sono le «Variazioni su un tema di Pagani­ni», monumento virtuosisti­co che Brahms eresse partendo dall’ultimo dei 24 Capricci del genovese. Una creazione enorme, 24 varia­zioni suddivise in due libri con scale, trilli, ottave glissa­te, salti rapidissimi per giocare sul tema e sfidare l’abilità tecnica dell’esecutore. Il 35enne pianista veneziano le affronta domani in Conserva­torio, sarà il gran finale del recital con cui debutta nella stagione del Quartetto dopo esserne stato ospite a Villa Necchi Campiglio per il ciclo “Musica nel tennis”.

“Un onore e una responsa­bilità. Se penso ai pianisti cui è abituato questo pubblico, se leggo nel cartellone che ad inaugurare è stato un genio come Trifonov mi domando: e io chi sono in confronto a loro? Di certo non mi metto al loro livello, però li guardo e cerco di imparare: uno come Pollini, che ha suonato di tut­to per mezzo secolo lascian­do interpretazioni storiche, è ancora tutto teso a studiare, capire, cercare, dando l’Im­pressione di non essere ancora soddisfatto di quanto rag­giunto finora “. Taverna glissa sui proprio curriculum: è già stato applaudito alla Scala (secondo concerto di Llszt di­retto da Luisi) al Musikverein di Vienna, alla Konzerthaus di Berlino e alla Wigmore Hall di Londra (nel 2012 Na­politano gli ha conferito il «Premio Presidente della Re­pubblica per meriti artistici e carriera internazionale ), ha suonato con Chailly, Maazel e Harding. «Ma più che i titoli penso che conti portare sul palco una personalità: cerco di offrire al pubblico un pun­to di vista, uno spunto: per­ché andare al concerto e non riascoltarsi lo stesso brano in disco? Per Incontrare qualco­sa di nuovo, per scoprire qualcosa di non scontato”. Come la sua visione delie “Variazioni Paganini». «Le avevo già studiate varie volte, ma quando le si deve portare in pubblico è necessaria un’idea; io le intendo come tante miniature, come se fos­se una delle raccolte di pezzi brevi di Schumann: ogni Va­riazione non solo mette a te­ma una difficoltà tecnica diversa, ma crea un mondo con colori tutti suoi: è incredibile la varietà di umori e pensieri che Brahms fa scaturire da un singolo tema, per di più dia­bolico come è il 24” Capric­cio». Taverna ci arriverà trac­ciando un percorso: «A inizio seconda parte sei Danze un­gheresi sempre di Brahms: anche loro sono difficili, a li­vello timbrico e tecnico; tutta la prima parte invece é dedi­cata a Chopin. con la Barcarola, lo Scherzo op. 39 e la quar­ta Ballata incastonati tra i Val­zer, per introdurre il tema della danza che sarà poi di Brahms».

Enrico Parola

Corriere della Sera

Milano , 19 novembre 2018

 

 

 

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