In attesa dell’inaugurazione del 40° Festival Internazionale di Musica di Portogruaro, che si terrà dal 26 agosto al 9 settembre, abbiamo incontrato il direttore artistico Alessandro Taverna al suo secondo mandato.Affermato sul piano internazionale come uno dei pianisti italiani più sensibili e originali, Alessandro Taverna sarà presente al Festival anche nella veste di camerista e solista.
Sta per cominciare la 40ª edizione del Festival: a cosa si deve il titolo Specchi?
«Ho immaginato che l’ascoltatore si ponga davanti alla musica proprio come fa abitualmente con lo specchio, così da scorgere nello stesso momento passato, presente e futuro, come avviene solitamente con il riflesso della nostra immagine. Per dirla con Shakespeare, mi piace immaginare che la musica abbia il potere di rivelare qualcosa di nuovo di ciascuno di noi. Nella formula del Festival, il numero 40 rappresenta un punto di arrivo importante. Credo che una delle caratteristiche di questa manifestazione risieda nell’esigenza del pubblico di riconoscersi negli interpreti, che spesso hanno fatto ritorno nelle edizioni successive. Da qui l’intenzione di chiamare alcuni musicisti che hanno segnato tappe fondamentali della nostra storia. E in questo senso, la presenza dell’Orchestra Filarmonica del Teatro alla Scala di Milano si inserisce perfettamente nell’intento filosofico e programmatico di questo Festival con un concerto “allo specchio” dato che celebra quarant’anni di attività proprio come il Festival il Portogruaro».
Quali sono dunque gli artisti che torneranno al Festival e quali i volti nuovi?
«Il concerto di apertura vedrà un omaggio alla carriera di Uto Ughi (26 agosto) che, a trent’anni dalla sua esibizione a Portogruaro, tornerà con I Virtuosi Italiani. Ci sarà il violinista Julian Rachlin, che il Festival ha visto crescere, in qualità di solista nel Concerto di Čajkovskij per la direzione di Robert Trevino. Già direttore ospite principale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, proprio a Portogruaro Trevino terrà il suo debutto con la Filarmonica della Scala (2 settembre). Il pianista Boris Petrushansky (4 settembre), che qui si esibì nel 1995, e il sassofonista Federico Mondelci (3 settembre) insieme al gruppo Italian Saxophone Quartet con un programma che dal repertorio classico toccherà la musica da film. Tornerà a Portogruaro il Trio di Parma (29 agosto) per il Triplo di Beethoven con l’Orchestra da Camera di Perugia diretta da Enrico Bronzi, direttore artistico del Festival, e suonerò insieme alla violinista Francesca Dego (31 agosto), dopo il successo dello scorso anno con l’Orchestra Regionale Toscana. Altri ritorni si identificano nel nome del clarinettista Alessandro Carbonare, che il 7 settembre sarà presente con il Quintetto di Fiati dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e la pianista Leonora Armellini, mentre tra gli esponenti della musicologia e della divulgazione il pubblico avrà modo di ritrovare Quirino Principe (23 agosto) e Michele dall’Ongaro (9 settembre), insieme a Oreste Bossini (2 settembre) e Paolo Bolpagni (30 agosto)».
Dopo la prima esperienza alla direzione artistica dello scorso anno, con quale spirito affronta questa nuova edizione?
«Mentre nel primo anno si univano sentimenti diversi dettati dalla novità e dalle tempistiche molto strette, quest’anno c’è una maggiore consapevolezza dei meccanismi della macchina organizzativa, e la necessità di sposarne la delicatezza dei suoi ingranaggi. Ho scoperto che vestire i panni di direttore artistico non significa solo occuparsi della programmazione ma anche di mille altre cose, dai rapporti con gli artisti coinvolti, ai docenti delle masterclass, fino ai vari aspetti legati all’ospitalità. Rispetto allo scorso anno ho dunque sentito ancor più forte l’esigenza di far parte di una squadra insieme alla Fondazione musicale Santa Cecilia, all’interno della quale cerco di portare nuove energie e innovazione. A questo si aggiunge un’altra riflessione legata al periodo complicato che il mondo della musica sta vivendo. Indubbiamente la pandemia ha cambiato le regole del gioco. Nonostante la lusinghiera e inaspettata risposta del pubblico nella scorsa edizione, segnata dal distanziamento interpersonale, quest’anno certi parametri sono cambiati a partire dalla capienza delle sale da concerto che è tornata a pieno regime. Per questo motivo ho cercato di individuare proposte musicali in cui il pubblico possa riconoscersi e che siano capaci di abbracciare anche brani molto noti, dalla Settima Sinfonia di Beethoven al Terzo Concerto di Rachmaninov, all’interno di un percorso utile a stimolare la curiosità degli ascoltatori. Ma questa è una riflessione che probabilmente faccio anche come interprete…».
E come interprete, anche quest’anno sono molte le occasioni che la vedranno protagonista.
«Mi esibirò in alcuni contesti cameristici come il Concerto Accademico (23 agosto), una formula che riflette lo spirito primigenio del Festival in cui musicisti e docenti delle masterclass si ritrovano la sera a suonare insieme. In questa occasione condividerò il palco con il flautista Tommaso Benciolini, il violinista Alessandro Moccia, il violista Simone Briatore, il violoncellista Damiano Scarpa e il mezzosoprano Silvia Regazzo, interpretando alcuni brani a cui sono molto legato e che mi riportano ai miei primi passi qui a Portogruaro come giovane pianista. Poi con Francesca Dego affronteremo opere per violino e pianoforte di Strauss, Schönberg e Franck. Infine sarò solista nel Terzo Concerto per pianoforte di Rachmaninov nella serata di chiusura del Festival (9 settembre) insieme all’Orchestra Filarmonica Slovena diretta da Michele Gamba».
A proposito delle masterclass, tra i docenti ci sono anche nomi nuovi?
«Al nucleo storico di insegnanti, quest’anno le iscrizioni alle masterclass hanno registrato un incremento del 20% che ci ha fatto tornare ai numeri degli anni d’oro del Festival, si sono aggiunti per la prima volta i seminari di alcuni artisti del calibro di Francesca Dego e Boris Petrushansky. Torna nella veste di docente l’oboista Fabien Thouand, insieme a volti nuovi come il giovane flautista Tommaso Benciolini che, nonostante sia con noi per la prima volta, ha già la classe al completo. Da tempo mancava la didattica legata agli strumenti a fiato e questo dato ci incoraggia a proseguire anche in questa direzione nelle prossime edizioni del Festival».
Alberto Massarotto
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