Uno dei programmi più interessanti ed insoliti tra quelli in cartellone a MiTo 2019 è certamente quello affidato ad Alessandro Crudele, all’Orchestra UniMi con la partecipazione del pianista veneto Alessandro Taverna. Il programma prevede musiche di due compositori africani, Samuel Akpabot e Fela Sowande, affiancate da due poco note composizioni di Camille Saint-Saëns. Il primo compositore Akpabot (1932-2000) fu un compositore ed etnomusicologo nigeriano; di lui abbiamo ascoltato Tre danze nigeriane in prima esecuzione italiana. Molte composizioni di Akpabot giustappongono strumenti africani ed europei, mentre altre, come le Tre danze nigeriane, usano solo strumenti occidentali (archi e timpani in questo caso). Le danze, tuttavia, trasmettono un senso autentico delle caratteristiche musicali dell’Africa occidentale con l’utilizzo di uno schema quasi antifonale, di “chiamata e risposta”, e di motivi ritmici idiomatici. L’esecuzione è attenta e curata nella concertazione. A seguire la African Suite di Fela Sowande (1905-1987), anch’esso nigeriano. La suite si compone di cinque movimenti per orchestra d’archi e arpa, il primo e l’ultimo in tempo più vivace e i tre centrali più lenti. La scrittura è più elaborata e sono chiaramente udibili gli elementi armonici e ritmici africani. Dopo l’Africa letta da due compositori nigeriani è il momento di capire come era vista musicalmente l’Africa da un compositore francese dell’ottocento: Camille Saint-Saëns. Giunge quindi sul palco il pianista veneziano Alessandro Taverna con la fantasia per pianoforte e orchestra Africa op.89. Questa Africa è molto lontana sia dal punto di vista temporale che da quello geografico da quella dei due compositori precedenti. I temi sono più orientaleggianti che africani e questo si spiega perché l’Africa di Saint-Saëns è quella arabeggiante che si affaccia sul Mediterraneo: principalmente Egitto e Algeria. All’orchestra si aggiungono legni, trombe, tromboni e percussioni; i primi impegnati con parti solistiche di flauto e oboe. L’esecuzione di Taverna e Crudele è molto variopinta e leggermente più calma delle registrazioni esistenti: un ottimo escamotage per enfatizzare il vorticoso finale. Taverna si conferma un musicista solido tecnicamente e dotato di grande musicalità. Sempre misurato ed elegante nel fraseggio e nel tocco, non si fa prendere la mano in certi passaggi che potrebbero facilmente divenire mero sfoggio virtuosistico. Crudele lo asseconda con grande attenzione all’insieme, che infatti è compatto. L’orchestra si comporta bene anche nei piccoli interventi solistici. Il pubblico apprezza di gusto, tanto da convincere Taverna a concedere un bis: il giorno del duecentesimo compleanno di Clara Wieck Schumann, che condivide il genetliaco con Taverna stesso, lo Scherzo n.2 op.14 della compositrice di Lipsia. Ultimo brano del concerto è la Suite Algerienne op.60 sempre di Saint-Saëns. Composta su richiesta dell’editore Durand è in quattro movimenti, ognuno dei quali reca una indicazione programmatica. Alessandro Crudele trova pane per i suoi denti: l’esecuzione è misurata ed elegante e con un buon senso descrittivo. Bene l’orchestra UniMi sempre attenta alle indicazioni del direttore. Il pubblico apprezza molto questo programma insolito di musiche intorno all’Africa.
Luca Di Giulio
http://www.cdclassico.com/2019/10/dal-vivo-festival-mito-13092019/
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